Finalmente avevamo deciso: si partiva. Dopo lunghi ed interminabili studi di mappe, piante e piantine, dopo aver calcolato i tempi e le distanze, i consumi e le risorse a disposizione il 20 d´Agosto saremmo partiti per la nostra prima e grande avventura in bicicletta, la destinazione era il circuito di Monza. Con 12-13 anni avere una bicicletta tutta per te era sinonimo di libertà ed indipendenza soprattutto d´estate quando bisognava cercare di fare qualcosa in quei lunghi ed interminabili pomeriggi. Il classico soggiorno al mare e/o in montagna era appena finito e dalla lettura di Autosprint avevo scoperto che la Ferrari si sarebbe recata sul circuito lombardo per una serie di test con una nuova macchina di F.1, una 312 che di peculiare aveva uno strano musetto che la faceva assomigliare a uno spazzaneve. Era stata propio battezzata così, "spazzaneve", dalla stampa. Si presentava quindi l´occasione di andare a vederla e potevo farlo insieme a un piccolo gruppo di amici fedelissimi ai quali piacevano le corse. Veniva con me anche il "nemico" dato che uno dei ragazzi era un tifoso sfegatato della McLaren.
Ai quei tempi l´infomazione sull´automobilismo era insufficiente, anzi sui quotidiani appena si leggeva qualcosa alla vigilia di un GP e niente più, ma se compravi il settimanale per antonomasia dell´automobilismo sportivo e lo "divoravi" potevi essere considerato uno del giro nonostante la giovane età. Lo diceva Autosprint, quindi era sacrosantamente vero. Ickx e Merzario si sarebbero alternati sulla spazzaneve per alcuni giorni, e noi non potevamo fallire all´appuntamento. I ferraristi eravano gasati anche perchè sul famoso e terribile Nurburgring, quello di 22 Km, non la pista da go-kart di adesso, Ickx e Regazzoni avevano dominato la Tyrrell di Stewart, mica noccioline. Magra consolazione comunque, perchè sarebbe stata l´unica vittoria in F.1 dell´anno.
Dato che vivevamo alla periferia di Milano, quasi su Viale Fulvio Testi, Monza era abbastanza vicina, circa 10 km. Io inforcavo una Roma Sport della Rossignoli che scoprii poi essere l´invidia di qualche amico. La partenza avvenne verso le 3 del pomeriggio, temperatura torrida e afosa. Eravamo in tre e tiravamo il "gruppo" a turno, pedalando come matti: il primo tratto, fino a Cinisello Balsamo, bisognava percorrerlo sulla strada parallela al vialone ma poi, dopo il distributore dell´Agip, esisteva una pista ciclabile fino al Parco di Monza, quindi con tutte le garanzie di sicurezza. Nello zainetto si portavano un paio di lattine, una borraccia e un panino, lo stretto necessario per essere leggeri e veloci. Io avevo messo anche la macchina fotografica. Arrivati a San Fruttuoso a causa del ritmo elevato, le gambe erano già dure come in una tappa alpina ma passato qualche minuto, la vista della Villa Reale ci diede le forze sufficienti per proseguire senza soste. Arrivati al semaforo della Villa si girava a sinistra e dopo un paio di centinaia di metri entravamo nel Parco, finalmente senza macchine. Alla prima fontanella ci fermammo per rinfrescarci e percorremmo a velocità sostenuta il viale interno che costeggia la provinciale per Biassono. Nonostante la distanza che ci separava ancora dall´autodromo, curiosamente non si sentiva nessun rumore di macchine da corsa e pensai che fosse dovuto alla tipica pausa per mangiare... ma erano oramai le 3 e mezza, così per non scoraggiare agli amici non dissi niente. All´altezza del vecchio ippodromo la strada piegava a destra in discesa con una bella "esse" che venne presa a tutta birra senza pedalare perchè le forze erano esaurite; sullo slancio ci fermammo perfettamente alla Porta di Vedano. Non c´era un gran movimento all´ingresso della pista, anzi quasi nessuno, e mi sembrava strano che la Ferrari non avesse richiamato i suoi fedelissimi come sempre occorreva dopo una vittoria. Un pó timorosi ci avvicinammo agli addetti dell´ingresso e alla domanda "Ma la Ferrari sta provando" la risposta fu desolante "...hanno investito un coniglio e se ne sono andati..."
Non ci potevo credere! Un coniglio? "Ma va la, questo ci vuole fregare per non farci entrare gratis" fu la nostra conclusione ed invitai al mio seguito ad inforcare nuovamente le bici. A dire il vero, con la nostra età non avevamo ancora "fregato" nessuno, però quel guardiano ci diede il pizzico di pepe che ci mancava: saremmo entrati nell´autodromo senza pagare, era una sfida all´ignoto che ci riempiva il corpo di brividi ma arrivati a questo punto non si poteva tornare indietro. Ognuno di noi ci aveva messo quasi una settimana per convincere i propi genitori a lasciarci andare a Monza e adesso dovevamo mollare?
L´idea era semplicissima, si trattava di percorrere le reti di recinzione fino a incontrare il buco adatto e sufficientemente grande per far passare anche le nostre biciclette. Prendemmo quindi il viale Mirabello (credo che si chiami così) in direzione est, insomma verso il ristorante St.George Pemiere, costeggiando a una certa distanza la curva sopraelevata sud. Arrivammo ad un incrocio e sulla sinistra, a una cinquantina di metri, si presento' davanti a noi, imponente, la sopraelevata ed il relativo sottopassaggio ma una enorme cancellata ci chiudeva il passo. Avanti quindi, non avevamo perso ancora la speranza di entrare. Infatti le reti erano già abbastanza malmesse ma quei sporadici buchi erano talmenti piccoli che i nostri "mezzi" non passavano. Percorsi altri 150-200 metri trovammo altri due cancelli sulla sinistra, uno molto stretto e l'altro a fianco con doppio battente che, secondo i miei calcoli, apriva la strada verso il rettifilo est, ossia quel rettilineo che univa le due curve sopraelevate. Anche qui niente da fare, così dietro front e ritornammo sui nostri passi ma questa volta a passo d´uomo per cercare un varco e...lo trovammo, vicinissimo al sottopassaggio della curva sud. Una volta dentro, la paura incominciò ad invadere i nostri corpi: qualsiasi rumore ci spaventava e pensavamo anche cose bruttissime. Comunque eravamo dentro e si decise di andare a vedere la nuova variante costruita alla curva del Vialone o Ascari.
Infatti nel 1972 il circuito di Monza cambiò leggermente dal suo stato originale a causa delle richieste della GPDA, una associazione dei piloti di F.1, che per cercare di eliminare le famose scie, richiese di spezzare il rettilineo delle tribune e quello prima della curva Ascari con due chicanes. La prima era collocata sul rettifilo del traguardo quasi all´altezza del raccordo Junior, e consisteva in una esse costituita da una curva sinistra-destra e ricavata mediante due banchine centrali delimitate da guardrail e intercalate appunto da un passaggio di 9 metri di larghezza, mentre la seconda era una doppia esse allungata sinistra-destra-sinistra che in seguito si sarebbe trasformata nell´odierna curva Ascari. Arrivati in fondo al viale, dopo il sopralluogo di rito, svoltammo a destra in direzione al rettifilo est, attraverso una stradina in terra ormai invasa dalla vegetazione alla fine della quale una rete malconcia e un cancelletto ci permise di entrare ...in pista. Era la prima volta. Anche se ormai in disuso, il circuito di alta velocità era "il pistone", "il catino", dove avevano corso Fango, Taruffi, Musso, Moss ed in seguito le 1000 kilometri...valeva la pena farci un giro.
Cosí ci mettemmo sulla curva nord: com´era liscia, enorme, monumentale direi. Sulla fascia esterna c´erano, all´inzio ed alla fine, due torrette di cemento e ferro per le segnalazioni e ci arrampicammo su una di esse per le fotografie di rito. Ci spingemmo anche verso l´inizio della curva ma era sbarrata da una inferriata per tutta la largezza della pista e cosí non potemmo vedere il rettilineo dei box. Tornammo indietro, questa volta nel senso di marcia, fino alla chicane costruita prima della Curva Sud, poi ancora avanti fino ad arrivare dietro alla Parabolica dove io mi spinsi fin dentro la pista per scattare un paio di foto alla Tribuna Shell. Uaohhhh!! Ma la nostra felicità era tale che non ci importava più di non aver visto la Ferrari perchè avevamo ripercorso un pezzo di storia delle corse palmo a palmo. Di colpo i racconti e le letture sulla soprealevata, le foto delle 500 miglia, i records dell´Abarth, ecc. ecc... frullavano nella mia testa trasportandomi in un´altro mondo. Immaginavo come Luigino Musso era andato in su sfiorando il rail per stare davanti agli americani, roba da capogiro, anzi mi dissero che si era fermato diverse volte colto da malore. Quando mi ripresi erano le 6 del pomeriggio e si doveva rientrare a Milano. Poche settimane dopo sarei ritornato a Monza per il GP, dove la Ferrari, in testa con Clay Regazzoni, fece cilecca ancora una volta. E la "spazzaneve" non corse mai. Ma era bella e nascondeva una serie di innovazioni che in seguito avrebbero riportato la Ferrari al vertice.
Di quell´avventura serbo un ricordo incancellabile e le mie visite alla sopraelevata si sarebbero ripetute con frequenza per sognare ad occhi aperti. Una volta ci andai anche in motorino per fare i "miei records" di velocità. La sopraelevata era, è e sarà una calamita. Il "catino" è sempre lí, malconcio ed in rovina, basterebbe poco per rimetterlo in sesto come hanno fatto con Brooklands e Monthlery. Le torrette dell´Agip non ci sono più, le due chicanes sono sparite, la vegetazione la sta invadendo, una miriade di ciclisti la percorre ogni giorno senza timore e senza forse sapere dove si trovano ma la superficie della pista non è poi così malandata dopo quasi mezzo secolo. Pensate un po´alle strade italiane...
20 anni dopo, quando sono ritornato con mia moglie e i miei figli, uno di loro mi chiese se il coniglio si era fatto veramente male. "No" gli risposi, "alla Ferrari sempre si inventavano qualcosa, quell´anno anche i conigli erano più veloci della loro formula 1"
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