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Autodromo di Monza, il raccordo Florio.
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Mi chiamo Emilio Boldi e sono nato a Milano nel 1968. Risiedo a Vimercate praticamente da sempre, sono sposato e ho due bambini, Giorgia ed Alessandro. Lavoro come impiegato presso una multinazionale delle telecomunicazioni in qualità di progettista. La mia passione per le corse e l'autodromo di Monza affonda le radici nei primi anni '70 quando, sul balcone di casa, mi mettevo a fantasticare sentendo il rumore sordo dei motori che proveniva dalla non lontana pista. Ascoltavo e, nel frattempo, giocavo con le macchinine della Polistil immaginando gare epiche e duelli senza esclusione di colpi. Ricordo anche lo strano modo che avevo di "assìstere" al Gran Premio d'Italia in televisione: al momento della partenza mi godevo il suono delle vetture sempre sul balcone e poi correvo in soggiorno per vedere la gara. Cose strane che si fanno da bambini.
Ma il bello iniziò qualche anno più tardi, alle elementari, quando la maestra ci portò in gita a Monza. Vista alla corona ferrea e un giro di pista con il pullman in autodromo. Ricordo ancora quel giorno come se fosse ieri, eppure sono passati 30 anni. L'autobus arrivò all'ingresso di Vedano e, dopo una breve sosta, proseguì lungo il viale per poi girare subito a destra seguendo un breve viale alberato alla fine del quale si intravedevano i piloni della pista ad alta velocità. L'emozione, già grande, diventò pura ebbrezza quando, dopo pochi istanti, il paesaggio si aprì come per incanto presentandomi davanti il rettilineo di partenza, lungo e immenso. Ricordo ancora i box e le insegne pubblicitarie multicolori. Fu "amore" a prima vista. Dopo aver immaginato la pista per tanto tempo, dopo aver fantasticato tante volte ascoltando in lontananza il rumore delle auto da corsa, finalmente potevo vedere quello che per me era un tempio. La mia fervida fantasia che mi portava a immaginare l'autodromo avendo come termine di paragone la mia pista Polistil, ora lasciava spazio all'emozione vera e alla nascita di una forte passione. Il pullman proseguì il suo giro facendomi immergere in un mondo nuovo e sconosciuto ma che in fin dei conti avevo sempre sentito mio. Ricordo ancora di quel giorno gli altissimi cordoli bianchi e neri che delimitavano le varianti, l'ombra degli alberi proiettata sulle curve di Lesmo, i segni degli pneumatici sull'asfalto. Tutte cose cose che su di me esercitavano un fascino magnetico irresistibile. Purtroppo il giro in pista fu veramente breve ma comunque bastò a trasformare quella gita scolastica in un giorno memorabile. Di sera a letto, come al solito dopo il Carosello, iniziai a fantasticare, a immaginare gare con delle vetture sport, dalla Ferrari P4 alla mitica Porsche 908. Ora potevo ambientare le mie fantasie in un luogo più preciso, con una scenografia non solo immaginaria ma realistica. Persino le mie macchinine Polistil ora potevano correre come a Monza e non più sullo scivolo del cortile o sulle mattonelle rosse del balcone di casa. E la mitica pista ora non era più il classico otto ma semplicemente "l'autodromo". Quel giorno, insomma, cambiò tutto facendo entrare qualcosa di nuovo me. Ma non sapevo che il bello doveva ancora venire. Mio padre, infatti, la domenica successiva mi portò al parco di Monza per una passeggiata. Arrivati alla porta di Villasanta parcheggiammo la macchina, una bellissima Fiat 124, e poi cominciammo a camminare per Viale Cavriga. Io, però, che sentivo un rumore di auto da corsa iniziai a trascinare mio padre verso strade dove il rumore era più forte. Volevo andare verso l'autodromo. Alla fine riuscii a portarlo sul Viale Mirabello e a quel punto lui che aveva capito le mie intenzioni, pur senza dire nulla, si diresse spedito verso un piccolo bosco. Procedemmo qualche minuto tra erba, cespugli, alberi e rovi, poi arrivammo alla curva sopraelevata sud. All'inizio non capii cosa fosse perché per me quei pilastri erano altissimi. Mio padre mi afferrò per la vita e mi alzò sino alla passatoia. Da lì la mia visuale cambiò e davanti mi si presentò l'ennesimo spettacolo: la visione della pista ad alta velocità. Ero impressionato dalla pendenza della pista, in un certo senso anche intimorito. Ma il fascino che esercitò su di me quel nastro di cemento fu veramente forte e resiste ancora oggi. Ricordo bene la striscia gialla, il guardrail inclinato, le torrette di segnalazione con una sbiadita sponsorizzazione dell'Agip. Io e mio padre scendemmo in qualche modo nella parte inferiore della pista e poi ci mettemmo in cammino. Qualche minuto dopo arrivammo praticamente sulla pista stradale, all'uscita della curva Parabolica. Fortunatamente un gentile e solerte commissario ci invitò ad andare in tribuna. Scavalcammo qualche rete di recinzione e ci sedemmo in tribuna Esso. Ma per farlo strappai i pantaloni e persi il panino che mia madre mi aveva preparato per la merenda. Mio padre ancora se lo ricorda!
Dagli anni '70 a oggi ho visto centinaia di gare e migliaia di automobili da corsa sfrecciare davanti ai miei occhi. È incredibile come il tempo passi veloce. Eppure questo tempo non è riuscito a smorzare la passione che ho per l'autodromo di Monza e le macchine da corsa. Anzi, la passione continua........

La mia preferita: la Ferrari Dino sport che ha animato per anni le mie gare sulla pista Policar della Polistil.
 
Un'altro classico della mia infanzia negli anni '70: i modellini delle Formula 1 creati dalla Polistil, serie RJ. Ne conservo molti ancori oggi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
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